Resta fermo il diritto (e il dovere) della donna di pretendere il rispetto in ogni campo. Su questo donne e uomini non debbono mai lasciar passare, ma, puntigliosamente, rivendicare la giustezza della buona battaglia che non deve scadere in forme estreme di sindacalizzazione che spesso sfociano in atteggiamenti incongrui e grotteschi. Genitore 1 e genitore 2 sono l’esito comico di questa ossessione per la cosiddetta parità che viene giustificata dalla tutela dei genitori omosessuali i quali, anche loro, si dividono in maschio e femmina. E poi chi sarà il genitore 1? Chi dovrà rassegnarsi ad essere il numero 2?
Avvocato o avvocatessa; presidente o presidentessa; deputato o deputata? Io dico come quel comico televisivo: «Me ne fotto». Dicono anche le femministe che l’approccio è molesto se così lo percepisce la donna. Tutte le occasioni sono buone per celebrare le donne come divine multitasking. Preparano la colazione, portano i bambini, lavorano in ufficio, accudiscono i genitori, etc. etc. etc. Mentre il maschio abulico, sdraiato sul divano a vedere le partite, indolente e scorbutico dirotta i figli dalla mamma.
All’esaltazione acritica delle donne risponde il giudizio severo sull’uomo che non è più visto come l’altra metà dell’essere umano, ma solo come controparte egoista in una società che si regge solo sulla generosità della donna.
Così si spiega l’esplicito svilimento della «funzione riproduttiva» della donna.
Così si spiega l’esplicito svilimento della “funzione riproduttiva” della donna, che viene vista come un fastidio; con ciò negando ontologicamente l’essenza stessa della donna. “L’angelo del focolare” viene usato sarcasticamente contro la donna nella sua superficialità.
Contribuire all’educazione alla mitezza, al rispetto a chi è debole o diverso, questo è il dovere di ogni educatore. Ma le battaglie femministe vanno in direzione contraria, rischiando di suscitare reazioni violente nei maschi più confusi e disorientati. Metto la minigonna, indosso il monokini, sto fuori tutta la notte. Se ho cinquant’anni mi prendo un giovanotto di venti, che male c’è? la donna, se non è schiavizzata, ha il diritto di prostituirsi: ma il maschio che la incontra deve essere sanzionato.
La verità distorta genera una legislazione disancorata dalla realtà. Uccidere una femmina è più grave che uccidere un uomo. Una quattordicenne che seduce un diciottenne ha comunque subito una violenza? Se un cinquantenne sta con una ventenne è il solito maschio che usa il suo potere per assicurarsi un trofeo. Se una cinquantenne sta con un giovane invece, è segno che vuole vivere appieno la sua femminilità. Con tutti i difetti che si possono attribuire ai maschi, non hanno diritto anche loro a vivere la loro mascolinità? E si può dire che in questo sono meno autocelebrative le donne, visto che non sbandierano continuamente che i lavori più pesanti o rischiosi o usuranti o la guerra sono affrontati più che altro da loro? Le femministe ci chiamano maschi e non uomini. Noi invece le chiamiamo donne. Donna dal latino “domina”.
Essere sindacalizzata verso una controparte che non c’è potrà incrementare qualche quota rosa ma non porterà nulla alla concezione della femmina, nobilitata dal nome di donna, di madre, di figlia, di madonna alla quale l’uomo è devoto.
Insomma, il femminismo ha senso solo verso i bruti.